La carità non sono belle parole ma gesti concreti. In queste parole si può riassumere la lezione lasciata da Armando Somaschini, allenatore della Rolafer Briantea84 fino a quando una malattia gli ha impedito di seguire i suoi ragazzi e il 31 dicembre lo ha strappato alla vita a 68 anni. Ai funerali, celebrati nella chiesa di Carugo il 2 gennaio, erano presenti tutti i suoi giocatori e lo staff, per salutarlo e ringraziarlo. Insieme lo hanno sospinto verso l’altare e il capitano Angelo Rinarelli ha posato sopra i fiori la sua maglia da tecnico. Arrivato sul campo da calcio della Briantea84 verso la metà degli anni ’90 accompagnando il figlio Cesare, Somaschini ha in fretta trasformato il tifo da genitore in un presente supporto alla squadra. Prima un aiuto silenzioso con i trasporti, poi nel 1999 la richiesta da parte di Luca Colombo – per anni vicepresidente di Briantea84 e responsabile del settore calcio – di vestire la divisa da allenatore, un ruolo che sembrava tagliato su misura per lui. “Era un uomo restio, di pochi complimenti – ha ricordato Colombo – ma aveva un cuore grandissimo. Non voleva mai essere in prima linea, preferiva stare nell’ombra e darsi da fare. Insieme abbiamo riso molto anche per quel suo carattere un po’ burbero e le sue imprecazioni. Ricordo quando suo figlio, che giocava in difesa ma non era molto veloce, durante una partita a Ginevra mi disse che voleva entrare in campo e segnare in memoria dello zio appena morto. Nessuno ci credeva che potesse riuscirci, invece il calcio sa realizzare anche l’incredibile: con un tiro di punta Cesare segno e io mi ritrovai abbracciato ad Armando a piangere. Momenti che non dimenticherò mai”. Questo il messaggio che è stato letto durante il funerale dagli allenatori della Rolafer. Ciao Mister, non ti piaceva essere messo al centro dell'attenzione, quindi probabilmente da lassù, in questo momento, ci starai puntando il dito, come il tuo solito, tirandoci le orecchie per quello che stiamo leggendo davanti a tutti. Ma non potevamo non dirti grazie. Grazie per essere stato una guida silenziosa, un papà, un maestro, un amico. Per averci insegnato come relazionarci con i nostri ragazzi, per averci bacchettato quando serviva, e coccolato quando ne avevamo bisogno, per averci permesso di provare a far da soli, anche sbagliando, ma sapendo che dietro c'eri tu, pronto in qualsiasi momento a darci una delle tue dritte illuminanti. Quante decisioni abbiamo preso intorno al tuo tavolo, davanti a due fette di salame e al tuo amato caffè. Non eri perfetto, e per questo ci piacevi ancora di più. Dietro a quell'aria sempre un po' seria e accigliata, c'era un'anima buona e giocherellona. E i tuoi ragazzi lo sapevano. Da te abbiamo imparato non solo come stare in campo, ma come comportarci nella vita. Abbiamo imparato a pretendere da noi stessi, esattamente come tu pretendevi da noi, e da te stesso. Hai dato tutto, tirandoti da parte in silenzio, solo quando il tuo fisico ti ha detto che era ora di fermarsi. E in silenzio te ne sei andato, proprio come volevi tu, in modo che tutti noi potessimo ricordarti come sei sempre stato: col tuo cappellino, la tua immancabile sigaretta, e la polo da TECNICO. Avevi un proverbio per ogni momento, e probabilmente oggi ci avresti detto "Morto un Papa, se ne fa un altro... diseva quel là". Stavolta avresti sbagliato Mister, perché un altro come te non lo troveremmo in capo al Mondo. Da lassù potrai avere una migliore visuale del campo, e allora non potrai fare altro che continuare ad urlarci le tue dritte dalla panchina. E noi saremo qui, con l'orecchio teso, ad aspettarle. Grazie di averci voluto così bene. Ciao Mister