Come sempre un successo. Il Summer Camp di Minibasket, che si è concluso domenica 20 giugno ed è stato ospitato anche quest’anno dalla Fondazione Minoprio, ha visto la partecipazione di dieci giocatori provenienti da tutto il Nord Italia, allenati dal tecnico internazionale Matteo Feriani. Una settimana intensa di lavoro sia a livello tecnico che tattico, per perfezionare i movimenti e tenere in allenamento gli atleti durante la pausa estiva. “Esperienze di questo tipo sono utilissime – ha spiegato Feriani – perché i ragazzi hanno bisogno di un periodo di stacco dal puro gioco per concentrarsi sui fondamentali. Purtroppo non esistono molti Summer Camp in Italia e questo è un peccato: sarebbe bello che durante l’estate i giocatori potessero passare da un campo all’altro, trovando stimoli, amici e elementi di crescita sempre nuovi. Certo mi rendo conto che per fare un Camp di questo genere servono risorse umane non indifferenti: un solo preparatore è poco per gestire un gruppo disomogeneo. I ragazzi necessitano di attenzioni personalizzate”. Esercizi di tiro, prove di controllo della carrozzina, studio dei movimenti e analisi di filmati didattici: la giornata dei dieci ragazzi impegnati a Minoprio è stata molto intensa, con due sessioni di allenamento quotidiano e, al di là della pratica sportiva, un’esperienza importante di vita in autonomia lontani dalle famiglie. Quest’anno il Summer Camp firmato Briantea84 ha trovato il sostegno della famiglia Tagliabue ed è stato intitolato alla memoria di Luigia e Achille Tagliabue, per volontà dei figli Mario e Giacomo. È proprio quest’ultimo, monsignore e prevosto nella parrocchia dei SS. Nazaro e Celso di Paderno Dugnano, a spiegare le ragioni di questa scelta: “Anni fa frequentavo spesso il Palasport di Seveso per vedere le partite di basket in carrozzina – ha spiegato Monsignor Tagliabue – e mi ha sempre colpita la grande forza e vitalità di questi atleti. Rappresentano una lezione di vita per tutti. Io credo che andare a vedere una partita rappresenti un arricchimento per lo spettatore, perché è molto di più quello che portiamo a casa piuttosto che il tifo e il sostegno che riusciamo a dare”. “Vogliamo essere presenti socialmente in questo modo – ha aggiunto il fratello Mario – dando una mano come possiamo. In famiglia abbiamo avuto sempre una sensibilità verso chi si adopera per gli altri, come Briantea. Mi fa piacere aver aderito a questo progetto rivolto ai giovani perché attraverso la società mi sembra di fare qualcosa di buono”.